Anonimo

Manoscritto di Vienna: MS 5415 fol. 170 r, (Oesterreichishe Nationalbibliothek Wien), 1440 circa

 

 

Anonimo

 

Manoscritto di Vienna

 MS 5415 fol. 170 r

Planisfero Australe

Oesterreichishe Nationalbibliothek Wien, 1440 circa

 

 

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 MS 5415 fol. 168 r

PLANISFERO BOREALE

 

 

  

MS 5415 fol. 170 r

PLANISFERO AUSTRALE

 

 

 

I due manoscritti che contengono le mappe che presento sono attualmente depositati presso la Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna. Sono raccolti insieme ad altro materiale di carattere astronomico a formare il cosiddetto Manoscritto di Vienna, collocato con il codice MS 5415

La prima tavola rappresenta il planisfero celeste boreale, misura circa 37 cm per 28, è collocata con il codice MS 5415, fol. 168 r, ed è apparsa già più volte nella letteratura che riguarda la cartografia celeste. 

Il secondo documento, quello dedicato al cielo australe, non è praticamente stato mai pubblicato essendo apparso a bassa definizione soltanto nel volume di tiratura limitata di Zofia Ameisenowa, The Globe of Martin Bylica del 1959. Vi fanno riferimento John Brian Harley e David Woodward nella loro monumentale opera The history of cartography del 1992, dove però indicano in modo errato il riferimento di collocazione presso la Biblioteca di Vienna, cosa che non mi ha facilitato il lavoro di reperire la mappa e che in parte può anche giustificarne l’assenza nella letteratura storica, anche quella recente. Devo ringraziare l’intervento della bibliotecaria della Biblioteca di Vienna, la Dottoressa Eva Farberger che si è resa disponibile a cercare il documento senza utilizzare il codice di collocamento, trovarlo e spedirmelo. 

Questo secondo manoscritto, quasi quadrato, ha i lati che misurano 31 cm per 28,5 e porta il codice di collocamento MS 5415, fol. 170 r.

  Il planisfero meridionale, costruito con le stesse caratteristiche di quello boreale, non è rifinito, è incompleta la scala graduata dell'eclittica e manca la proiezione dell'equatore. E' invece disegnato il tracciato della Via Lattea meridionale. La mappa colpisce per l'originalità dell'interpretazione stilistica delle costellazioni, in particolare il Crater che è rappresentato come un tino in legno per la raccolta dell'uva. I Nomi delle costellazioni sono riportati in latino mentre per i numerosi nomi delle singole stelle prevalgono quelli di origine araba.

  L'origine di queste due carte manoscritte, databili intorno al 1440, è al momento sconosciuta. Sul loro possibile autore sono state fatte diverse ipotesi; la più attendibile è quella che lo indica nella figura di Johannes von Gmunden (circa 1384-1442), astronomo e matematico austriaco. Questa tesi è suggerita da un gruppo di lavoro di studiosi, tra i quali Rudolf Simek, autori di una curata monografia dedicata al matematico del trecento, Johannes von Gmunden, Astronom und Mathematiker, Studia Medievalia Septentrionalia 12, Wien 2006, nel quale appare anche un lavoro di Paul Kunitzsch, e si basa sulle affinità di queste tavole con altri lavori contenuti nel manoscritto, tra i quali un Alfonsinian star-catalogue : fol 217r-251r (version from 1424, corrected 1534), quasi sicuramente ascrivibili a Johannes von Gmunden.  

I planisferi sono realizzati a due colori, in rosso vengono identificate le stelle interne al disegno della costellazione, quelle che Tolomeo definisce infigurate, in nero quelle esterne, le informi di Tolomeo. Il rosso, oltre ad alternarsi al nero ogni 30 gradi nel computo della longitudine eclittica, viene utilizzato per i nomi delle stelle e delle costellazioni e per il doppio tracciato della proiezione dell'equatore.

Il planisfero nord riproduce in proiezione convessa le costellazioni tolemaiche boreali e quelle zodiacali riportando anche il numero di classificazione stellare dell'Almagesto, le stelle sono disegnate in proiezione eclittica. L'eclittica è suddivisa in spicchi di trenta gradi la cui alternanza è messa in evidenza dal colore delle tacche, prima il nero e poi il rosso; curiosamente il computo dei gradi all'interno degli spicchi è cadenzato da una non comune progressione di sei in sei.

La carta è stata elaborata con molta precisione e rigore e si allontana fortemente in quanto a contenuto scientifico dai disegni delle costellazioni che corredano i testi delle Aratee e delle Favole di Igino del periodo, tanto da poterla considerare la capostipite di tutte le carte scientifiche successive. Anticipa di almeno settanta anni la tavola del Durer del 1515 e rispetto a questa, generalmente considerata come il prototipo delle carte celesti, fornisce più informazioni perché riporta anche la proiezione del polo nord, del circolo boreale e anche una parte di quello equatoriale.

La presenza nella tavola della proiezione dell'equatore e dei suoi punti di intersezione con l'eclittica ci permette di apprezzare e calcolare il valore della precessione degli equinozi per il quale sono state posizionate le stelle e quindi di stabilire con una certa precisione la data di produzione della mappa. Identificando nella costellazione della Vergine la stella eta Virginis, la numero 6 nella tavola del manoscritto che riprende la numerazione dell'Almagesto di Tolomeo, possiamo facilmente calcolare che dista dal punto equinoziale autunnale di circa -3 gradi di longitudine eclittica, con una differenza quindi di circa 8 gradi da come viene ad esempio riportata attualmente nel Millenium Star Atlas dell'anno 2000. La precessione degli equinozi produce una differenza in longitudine eclittica di 50,33" all'anno, 8° equivalgono quindi a circa 570 anni. Tale è pertanto la differenza tra la produzione del Millenium Star Atlas del 2000 ed il manoscritto che può essere quindi datato per il 1430, con uno scarto di soli dieci anni dalla data indicata da Kunitzsch. Lo stesso risultato lo si può ottenere partendo dalle coordinate stellari contenute nell’Almagesto.

Rimane però a questo punto il problema che il valore della precessione di 50,33” all’anno che ho utilizzato nel mio calcolo è quello conosciuto attualmente e non quello ritenuto valido nel quattrocento. Perché allora non si constata una differenza nelle posizioni delle stelle?

L’esattezza di queste posizioni  per il 1430-40 può indurre a pensare che il Gmunden non abbia calcolato le posizioni per riduzione da un altro catalogo antico ma che in qualche modo abbia utilizzato delle vere osservazioni, prodotte da lui stesso o da un altro astronomo del periodo. Se questa ipotesi è valida il manoscritto di Vienna sarebbe quasi una fotografia del cielo di allora le cui stelle andrebbero a collocarsi quasi spontaneamente rispetto all’intersezione di quel tempo tra l’eclittica e l’equatore. Sarebbe dopo tanti secoli il primo manufatto eseguito su osservazioni fresche e recenti.  E’ quello che suggerisce Adèle Lorraine Wörz nella sua tesi di laurea, The Visualisation of Perspective Systems and Iconology in Durer’s Cartographic Works, Oregon State University , 2007 , congetturando che l’autore del Manoscritto di Vienna abbia utilizzato un catalogo allora recentissimo, il Khaqani zij, prodotto dall’astronomo islamico al-Kashi.  Questi era stato invitato da Ulug Beg a Samarcanda nel 1420 dove giocò un ruolo fondamentale nella realizzazione del famoso osservatorio astronomico, inaugurato verso il 1429, e nell’attrezzarlo dei relativi strumenti di osservazione.

I lavori eseguiti da Ulug Beg, da al-Kashi e da circa altri sessanta scienziati portarono alla pubblicazione delle tabelle sultaniali (zij-e soltāni), apparse nel 1437 ma migliorate da Ulug Beg fino a poco prima della sua morte avvenuta nel 1449. Anche nella realizzazione di queste tavole furono utilizzati i dati delle Khaqani zij di al-Kashi.

Il possibile collegamento tra il manoscritto di Vienna ed il lavoro degli astronomi di Samarcanda è ulteriormente avvalorato dall’uso dei nomi arabi di molte stelle, alcuni dei quali utilizzati per la prima volta, presenti nei due planisferi di Vienna.

Il Manoscritto di Vienna, al di là che venga definitivamente dimostrata la tesi  esposta, è senz’altro più ricco di informazioni e più originale di quanto lo siano i planisferi che ha ispirato, quelli del 1503 ascrivibili ad Heinfogel e del 1515 del Durer. Lo dimostrano la presenza della Via Lattea, del circolo equatoriale e dei circoli polari, la concordanza delle posizioni stellari con il reticolo di riferimento, la numerazione di sei in sei gradi, la nomenclatura delle stelle nonché l’originalità dello stile di rappresentazione delle costellazioni. Elementi che insieme combinati lo fanno diventare un archetipo dal quale non ha potuto esimersi dal prendere ispirazione lo stesso Durer per realizzare le sue due ben più famose mappe.

 

Bibliografia:

 

Zofia Ameisenowa, The Globe of Martin Bylica of Olkusz and celestial maps in the east and in the west, Zaklad Narodowy Imienia Ossolinskich Wydawnictwo Polskiej Akademii Nauk, Wroclaw-Cracow 1959, opera molto rara, tiratura di sole 500 copie.

 

Adèle Lorraine Wörz, The Visualisation of Perspective Systems and Iconology in Durer’s Cartographic Works, Oregon State University , 2007

 

Rudolf Simek, Kathrin Chlench, Johannes von Gmunden, Studia Medievalia Septentrionalia, Fassbaender, Wien, 2006 

 

 

 

 

 

 

LE COSTELLAZIONI

 

CORONA MERIDIONALE, ALTARE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Star Catalogue of Ptolemy

An asterisk (*) is appended to those longitudes and latitudes which differ from Baily. (Adapted without permission--but with no intention of profit therefrom--from the Almagest catalogue listing previously at http://lnfm1.sai.msu.ru/lat/Zakh/alm-cat/catal.html. Apparently, this page is no longer extant.)


Baily|                       Ptolemy                            |  BS                           |  Name      |
 No  |No  Description                   Long  Lat   m | V   R.A. 1900.0 Dec.PMRA PMDec   No    |                   

CORONA AUSTRALIS.
 998  1. Antecedens extra australem arcum....... 249 10  -21 30   4  3.51 18 19 33.5 -46 01 24 -0.015 -0.046  6897         alpha     Tel
 999  2. Quae ipsam sequitur et est in corona... 251 40  -21 00   5  4.80 18 42 00.0 -43 39 54 +0.021 -0.020  7062+8 166/9 eta 1/2   CrA
1000  3. Quae istam sequitur.................... 253 10  -20 20   5  5.36 18 49 09.4 -42 50 13 -0.035 -0.024  7122                   CrA
1001  4. Sequens adhuc istam.................... 254 50  -20 00   4  4.75 18 56 01.9 -42 14 13 +0.054 -0.051  7188     250 zeta      CrA
1002  5. Quae post istam est ante Sagittarii
         genu................................... 256 10  -18 30   5  4.59 19 01 23.3 -40 39 06 +0.036 -0.025  7242     291 delta     CrA
1003  6. Quae post istam est borealior quam
         fulgens quae est in genu............... 257 00  -17 10   4  4.11 19 03 09.0 -39 29 58 +0.002 -0.037  7259     305 beta      CrA
1004  7. Borealior hac..........................*256 50  -16 00   4  4.11 19 02 40.2 -38 03 36 +0.084 -0.099  7254     300 alpha     CrA
1005  8. Adhuc borealior ista................... 256 30  -15 10   4  4.21 18 59 39.5 -37 12 25 +0.094 -0.273  7226/7   280 gamma     CrA
1006  9. Sequens de duabus praecedentibus istam
         in boreali arcu........................ 255 10  -15 20   6  4.87 18 51 58.7 -37 14 16 -0.128 -0.097  7152     230 epsilon   CrA
1007 10. Praecedens de duabus obscuris.......... 254 40  -14 50   6  5.38 18 49 53.6 -37 28 15 +0.008 -0.025  7129     222 nu        CrA
1008 11. Hanc etiam satis praecedens............ 251 50 *-14 40   5  5.13 18 36 55.3 -38 25 10 +0.002 -0.056  7021     142 lambda    CrA
1009 12. Adhuc istam praecedens................. 249 40  -15 50   5  5.16 18 25 23.4 -39 46 22 +0.036 -0.039  6942                   CrA
1010 13. Reliqua et australior quam supradicta.. 249 10  -18 30   5  4.64 18 26 21.7 -42 23 04 +0.031 -0.021  6951      85 theta     CrA

 

ARA.
 991  1. Borealior de duabus quae sunt in basi.. 237 40  -22 40   5  4.59 17 28 12.8 -46 26 12 -0.028 -0.034  6537         sigma     Ara
 992  2. Australior ipsarum.....................*243 00  -25 45   4  3.66 17 58 50.7 -50 05 52 -0.011 -0.017  6743         theta     Ara
 993  3. Quae est in media arae.................*236 10  -26 30  4-3 2.95 17 24 06.6 -49 47 48 -0.024 -0.071  6510         alpha     Ara
 994  4. Borealis de tribus quae sunt in foco... 230 40  -30 20   5  4.06 16 51 36.7 -53 00 23 +0.007 +0.015  6295         epsilon 1 Ara
 995  5. Australior reliquarium et contiguarum
         duarum................................. 235 10  -34 10  4-3 3.34 17 16 58.5 -56 17 00 +0.002 -0.011  6462         gamma     Ara
 996  6. Borealior ipsarum...................... 235 00  -33 20   4  2.85 17 16 59.1 -55 26 07 -0.001 -0.024  6461         beta      Ara
 997  7. Quae est in extremitate................ 230 50 *-34 00   4  3.13 16 50 20.5 -55 49 55 -0.013 -0.035  6285         zeta      Ara

 

 

 

 

Le immagini dei due planisferi sono pubblicati, e per la prima volta ad alta definizione,  su concessione della

 

 

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Planisferi del Durer, 1515

 

e con gli

 

Affreschi di Palazzo Besta a Teglio (1550 circa)

 

 

 

 

 

 

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di Felice Stoppa