Al Direttore della

Biblioteca Nazionale Braidense

di Milano

 

 

Signor Direttore,

lunedì 23 Maggio, in mattinata, ho consultato presso la sede della sua biblioteca le due copie del De revolutionibus di Copernico che vi sono depositate. Entrambe sono stampate a Basilea nel 1566 e sono pertanto due seconde edizioni dell’opera dell’astronomo polacco.

Consultando gli indici manoscritti del fondo delle opere antiche ho notato che la biblioteca era stata in possesso anche di una copia della prima edizione del 1543, segnatura CXV9316 che, come è riportato da una nota a mano sempre nell’indice manoscritto, risulta mancante perché scomparsa.

Ho il piacere di comunicarle che questa copia è stata rintracciata ed è ora in possesso della Biblioteca dell’Università di Princeton.

Potrà leggere la storia di questa copia a pagg. 336, 337 del libro di Owen Gingerich “Alla ricerca del libro perduto” Rizzoli 2004. In una altra opera dello stesso autore, il Census, edito nel 2002 dalla Brill Academic Publisher di Leida, la copia in oggetto viene ampiamente descritta facendo anche riferimento alle vecchie segnature in essa riportate.

Se, come penso, questa copia è  scomparsa dalla Braidense per un furto credo ci siano tutti gli elementi perché Lei possa chiederne la restituzione.

E questo sarebbe auspicabile non solo perché  a Milano non esistono altre copie della prima edizione del De revolutionibus e nemmeno per il loro valore astronomico, nelle aste londinesi di questi ultimi anni altre prime edizioni sono state vendute per importi vicino al milione di dollari, ma principalmente per ristabilire un principio di diritto, proprio ora che, in tutto il mondo, chi legge il libro di Gingerich, viene a conoscenza del torto che la nostra biblioteca milanese ha subito.

 

Spero in un suo riscontro e le porgo i più cordiali saluti

 

Felice Stoppa

 

 

 

 

Milano, 24 Maggio 2005

 

 

 

 

Una catena di fortunate coincidenze mi ha portato, nel giro di pochi giorni, a scoprire e risolvere il mistero di S.15.11, vecchia segnatura identificativa della copia della prima edizione del 1543 del De Revolutionibus di Copernico di proprietà della Biblioteca Braidense di Milano, segnatura riclassificata successivamente con il codice C XV 9316.

A dire il vero questa prima edizione è appartenente alla Braidense di diritto ma non di fatto, perché, come dovevo scoprire quando  consultai il catalogo manoscritto relativo al fondo dei libri più antichi di proprietà della biblioteca, una nota a margine della segnalazione del titolo dell’opera indicava che la copia è “Mancante da tempo-sostituita” da un’altra in facsimile.

La catena di coincidenze è presto raccontata. Intendevo pubblicare sul mio sito Atlas Coelestis, l’Astronomicum Caesareum di Petrus Apianus, Ingolstadt 1540 del quale la Braidense possiede una rarissima copia e avevo pensato di chiedere ad  Owen Gingerich, astronomo e storico della scienza dell’Università di Harward, massimo esperto del libro di Apianus, di realizzare una scheda di apertura.

Dopo averlo contattato ricevetti da Gingerich le fotocopie di un suo scritto dove, tra l’altro, veniva riportato un elenco di circa 130 biblioteche, sparse in tutti i continenti,  che sono attualmente  in possesso di una copia dell’Astronomicum. L’elenco  ha del prodigioso se pensiamo che l’opera di Apianus si ritiene sia stata stampata in pochissime copie, ma quando seppi che Gingerich aveva pubblicato in un altro suo libro, il Census (An annotated census of Copernicus' "De revolutionibus" (Nuremberg, 1543 and Basel, 1566) / by Owen Gingerich. - Leiden [u.a.] : Brill, 2002. - XXX, 402 S. : Ill. ; 30 cm . - (Studia copernicana : Brill's series), un elenco di più di 600 copie del De revolutionibus di Copernico con i relativi indirizzi delle biblioteche che le possiedono e che, oltre ad averle consultate ed esaminate tutte personalmente, per ognuna aveva redatto una scheda bibliografica, rimasi veramente senza parole e corsi subito ad acquistare il suo “Alla ricerca del libro perduto”, edito da Rizzoli nell’ottobre 2004, dove l’astronomo americano, ora settantacinquenne, racconta l’appassionante storia della sua ricerca iniziata nei primi anni settanta e culminata con la pubblicazione del Census nel 2002.

Quindi, mentre di giorno fotografavo l’Astronomicum alla Braidense, di sera leggevo Gingerich e venivo a sapere dell’esistenza di  due copie del De revolutionibus del 1566 (seconda edizione stampata a Basilea) appartenenti alla biblioteca milanese, il giorno dopo le consultavo  e constatavo nel contempo l’esistenza  di una terza copia del 1543 ( Prima edizione stampata a Norimberga) che  era però scomparsa. Verificavo che nessun funzionario della biblioteca sapeva dove fosse finita e finalmente, la sera stessa , a pagg. 336-337 del suo libro, Gingerich mi rivelava, con mia grande sorpresa, il nuovo indirizzo della copia mancante. 

Ma perché Gingerich si è dedicato per oltre trent’anni a questa apparentemente maniacale ricerca?

Quale progetto doveva essere così importante da portare il ricercatore in centinaia di biblioteche sparse nelle capitali, ma anche in piccoli centri, di buona parte degli stati di tutto il mondo per esaminare tutte le copie di uno  stesso libro?

La ricerca di Gingerich, come rivela lui stesso, non era iniziata come un progetto ma lo era diventata man mano che consultava nuove copie, mentre realizzava cioè la scoperta che ogni copia dell’opera di Copernico era diversa da un’altra, non tanto per il contenuto, che chiaramente è sempre lo stesso, ma per le diverse note  a margine (scolia) che quasi tutte le copie riportavano.

 Note manoscritte dei possessori e lettori delle singole copie del De revolutionibus che, per la maggior parte dei casi, erano stati importanti astronomi, matematici, filosofi, artisti, pensatori, uomini politici e regnanti del sedicesimo e del diciassettesimo secolo. Buona parte di questi  lettori avevano lasciato sul margine delle pagine della  loro copia , riflessioni, commenti, calcoli e schemi, resoconti di osservazioni, idee, grafici, teorie, appunti di lezioni universitarie, un’immensa antologia di scolia il cui studio avrebbe permesso a Gingerich di ricostruire rapporti tra scienziati, scontri e diffusioni di idee,  competitive concorrenze tra osservatori astronomici quali quello di Tycho Brahe a Uraniborg e quello del langravio Guglielmo di Assia a Kassel, ma anche di cogliere lo svolgersi di importanti ricerche o l’evoluzione di teorie e ancora di scoprire che importanti scoperte, come quella del calcolo dei logaritmi, attribuita al matematico edimburghese John Napier  o importanti ipotesi cosmologiche, come quella di Tycho Brahe,  erano state fortemente influenzate da un matematico oggi poco conosciuto. Gingerich dedica a questo scienziato un intero capitolo intitolato “Il caso Wittich”.

Paul Wittich (Il lettore può leggere la sua biografia scientifica , così come quella di tutti i  personaggi citati in questo articolo nel sito The Galileo Project , http://galileo.rice.edu/index.html), matematico tedesco contemporaneo di Tycho Brahe non ci ha lasciato opere importanti ma Gingerich è riuscito a valorizzare il suo contributo alla matematica e all’astronomia ricostruendolo, con un lavoro durato anni, attraverso l’esame degli scolia di quattro copie del De revolutionibus           che gli erano appartenute e che in un primo momento gli storici della scienza, tra cui lo stesso Gingerich, avevano ritenuto appartenessero a Tycho Brahe.

 In una di queste copie Wittich  riporta uno schema che descrive un metodo per sostituire moltiplicazioni e divisioni con addizioni e sottrazioni, metodo che anticipa  le basi del calcolo logaritmico. Lo stesso schema viene ritrovato in una copia appartenuta al matematico di Edimburgo John Craig che lo aveva ricopiato da quella del matematico tedesco quando, nel 1576 a Francoforte sull’Oder, aveva frequentato le sue  lezioni di matematica. La copia  tornò con Craig ad Edimburgo, dove è ancora attualmente presso la Biblioteca dell’Università, probabilmente Napier potè consultarla e trovare l’ispirazione per la sua opera Mirifici logarithmorum canonis descriptio del 1614. Gingerich nella sua puntigliosa ricerca, attraverso riscontri di date e di calligrafie, realizza che il passaggio di informazioni da Wittich a Napier è avvenuto  proprio  per il tramite delle due copie dell’opera di Copernico.

Storia analoga per descrivere il rapporto con Brahe: Wittich fu suo ospite per sei settimane presso l’osservatorio dell’isola di Hiven nel 1580 e in questa occasione l’astronomo danese ebbe a disposizioni due delle copie del De revolutionis che il matematico aveva portato con sé, copie cariche di  appunti autografi. Nelle note a margine di una di queste  l’astronomo danese potè esaminare esempi del calcolo di prostaferesi che il matematico tedesco aveva ideato per convertire facilmente le misurazioni dell’altezza e dell’azimut dei corpi celesti nel sistema di coordinate latitudinali e longitudinali. Metodo che Tycho fece proficuamente suo.

In un’altra delle copie annotate con la calligrafia di Wittich, esaminata da Gingerich nella Biblioteca del Vaticano, vi è un diagramma manoscritto che illustra il sistema planetario “ ordinato sulla base dell’immobilità della terra a partire dalle ipotesi di Copernico”. Il diagramma, centrato sulla Terra immobile, vede la Luna , il Sole, Marte ed i pianeti maggiori ruotare intorno a questa su orbite circolari, soltanto Mercurio e Venere girano intorno al Sole. È  un modello planetario misto, alternativo a quello tolemaico e a quello copernicano, che presenta però il pregio di descrivere con buona approssimazione i moti planetari lasciando nel contempo inalterata e ferma la posizione della Terra. Questo diagramma riporta la data del 1578, cioè due anni prima della visita di Wittich a Brahe e cinque anni prima del 1583, anno nel quale Thico Brahe afferma di aver iniziato ad elaborare il suo modello planetario che pubblicò poi nel 1588 nel De mundi aetherei recentioribus phaenomenis liber secundus . In questo sistema, dal punto di vista matematico equivalente agli altri tre (Tolemaico, copernicano e quello misto di Wittich), tutti i pianeti, ad esclusione della Luna, girano intorno al Sole che a sua volta, parallelamente alla Luna, percorre un’orbita circolare intorno alla Terra, ferma nel centro del sistema. I fenomeni  sono pertanto salvati così come è salva la parte essenziale del sistema tolemaico.

Le settimane che Wittich passò a Uraniburg, sede dell’osservatorio del danese, furono molto produttive per Tycho tanto che questi  pensò di “ricompensare” il suo ospite regalandogli addirittura una copia dell’Astronomicum Caesareum di Pietro Apiano, copia  ancora esistente  e che porta sul frontespizio la dedica manoscritta in latino di Tycho “ A Paul Wittich di Breslavia, amico e compagno nell’amore per la Matematica ”.

Alla morte di Wittich, Tycho riuscì a rintracciare e comperare parte dei libri appartenuti al tedesco e, tra questi, anche tre delle copie del De revolutionibus, due delle quali sono quelle che abbiamo brevemente ricordato, riunendo nel suo osservatorio buona parte della documentazione che avrebbe potuto dimostrare il contributo di Wittich alle sue scoperte. E’ inutile dire che anche questa operazione è dettagliatamente ricostruita da Gingerich nel suo libro.

Copernico si decise a dare alle stampe la sua opera quasi al termine della sua vita, ricevette infatti  gli ultimi fogli stampati del De revolutionibus sul letto di morte. Prima della pubblicazione di questo lavoro il matematico polacco aveva diffuso solo alcune copie,  manoscritte di suo pugno ma poi ricopiate anche da altri studiosi, del Commentariolus ( Che Gingerich fa risalire a prima del 1514) dove, in nuce, presentava i primi stadi della sua ricerca dalla quale era possibile  concludere che la Terra si muove e il Sole sta fermo.

Copernico si lasciò convincere a superare i suoi dubbi e a pubblicare il  De revolutionibus da Rheticus, un giovane matematico tedesco che nel 1539 aveva lasciato le università asburgiche di Wittenberg e di Norimberga per raggiungerlo sul mar Baltico a Frauenburg, città della Prussia Reale, allora appartenente alla Polonia, nella cattedrale della quale svolgeva la funzione di canonico. Georg Joachim Rheticus rimase da  Copernico, come suo discepolo, alcuni anni ma già nel 1540 aveva avuto il permesso di pubblicare la Narratio Prima , una introduzione alla nuova cosmologia che  da una parte descriveva nei dettagli le difficoltà tecniche poste dal moto del Sole e dei pianeti e dall’altra comunicava ai lettori che  stando alle dimostrazioni del mio maestro, questi fenomeni possono essere spiegati attraverso il moto circolare uniforme della sfera terrestre: ossia, in un sistema in cui il Sole si trova al centro dell’universo e la Terra ruota intorno ad esso, anziché il contrario” . La Narratio Prima ebbe un forte successo e  a quella di Danzica  seguì, quasi subito, nel 1541 la ristampa di Basilea  e, finalmente, dopo ventotto mesi di permanenza a Frauenburg, Rheticus poteva partire per Norimberga, dove operava lo stampatore Petreius, con una copia manoscritta del De revolutionibus.

 Sia Copernico che Rheticus non poterono vedere le bozze dell’opera e soltanto a libro stampato si accorsero che  era stata aggiunta una breve prefazione Ad lectorem di poche pagine, non firmata, e quindi ascrivibile all’autore, nella quale si annunciava che la nuova teoria veniva presentata non come una nuova visione cosmologica ma come ipotesi matematica sufficiente a render conto delle difficoltà poste dalle apparenze dei fenomeni, perché “ i filosofi si potranno anche dedicare alla ricerca della verità, ma gli astronomi, dal canto loro, si limiteranno a scegliere l’ipotesi più semplice, e non potranno mai giungere a conoscere qualcosa di certo a meno che non venga loro rivelato da Dio”.  La prefazione fu scritta per sua iniziativa da Andreas Osiander, sacerdote di Norimberga, che si era occupato della rilettura delle ultime bozze prima della stampa. Gingerich ricostruisce, con l’efficace metodo dell’esame delle note a margine, la prova di questa paternità, presentandoci una copia appartenuta a Maestlin, maestro di Keplero, che scrive in testa alla prefazione: “NB: So per certo che l’autore di questa lettera è Andreas Osiander”.

Dalla seconda edizione del 1566 dell’opera di Copernico, quella pubblicata a Basilea, Rheticus non riuscì a far eliminare le pagine di Osiander, ma potè inserire alla fine la sua Narratio con la quale spostava nuovamente il baricentro del libro in direzione di una sua interpretazione cosmologica.

Fu nel 1609, con la pubblicazione  de l’ Astronomia Nova di  Keplero, che, nella prefazione, fu rivelato  per la prima volta che Ad lectorem era stata scritta da Osiander. Keplero oltre a questa denuncia  ripropone la lettura del De revolutionibus come opera cosmologica  e non come ipotesi matematica e sostiene che in tale funzione era stata progettata da Copernico.

 La posizione di Keplero, ma anche la tempesta che nel frattempo  si stava scatenando in Italia ad opera di Galileo, indusse nel 1616 l’Inquisizione e la Congregazione dell’Indice a condannare l’opera di Copernico.  Nel 1620 lo stesso ufficio emanò inoltre un decreto, il N° XXI, intitolato Monitum ad Lectorem, con il quale si regolava la lettura del De revolutionibus, sarebbe stato possibile leggere l’opera di Copernico soltanto emendandola di tutte quelle parti  dove l’interpretazione cosmologica risultava  palese. L’eventuale lettore era pertanto posto di fronte a due alternative: o eliminare totalmente e fisicamente quei capitoli del libro che risultavano condannati, oppure emendare l’opera da quei passi particolarmente critici cancellandoli e sostituendoli con opportune correzioni. Soltanto con questi interventi il libro di Copernico si sarebbe lasciato leggere come pura ipotesi matematica. L’inquisizione infine nel suo decreto elencava una decina di interventi da apportare al testo.

 Nella sua lunga peregrinazione tra le biblioteche del mondo Gingerich ha potuto trovare le più diverse interpretazioni di questo decreto. La copia depositata presso la Biblioteca Statale di Cremona è forse l’unica per la quale si optò per l’intervento più radicale, l’intera cancellazione dei capitoli.  Gingerich ha disegnato una carta di diffusione delle copie in Europa dalla quale risulta che l’Italia possiede il più alto numero di copie emendate. Lo stesso Galileo intervenne sulla copia che gli apparteneva applicando le disposizioni del decreto, cancellò con un rigo di penna le parti vietate sostituendole con quelle indicate, sotto il tratto di penna però è ancora leggibile la parte originale. Il decreto non venne quasi applicato nella cattolicissima Spagna, così come in Francia e nell’Europa Centrale della riforma luterana.

Delle due copie della seconda edizione della Braidense, quella che porta la segnatura 26 22 K 7 e, che per motivi impossibili da capire, non è riportata nel catalogo manoscritto dei libri antichi, ma soltanto in quello per autori, è completamente intonsa e libera da interventi di censura, quella invece segnata C XV 9317 è stata emendata seguendo il criterio debole e gli interventi sono stati realizzati con copertura tramite fogli  bianchi, incollati, delle parti da cancellare o con cancellature con tratti di penna e, in un solo caso, con il tentativo, poco riuscito, di sgarzare con una lama il brano incriminato. A penna sono state riportate, sempre da una stessa persona, le parti da aggiungere.

 

     

 

In ultima istanza il lavoro di Gingerich  evidenzia e testimonia il diffondersi della rivoluzione copernicana nell’Europa secentesca e settecentesca, l’influenza di quest’opera sul pensiero scientifico, filosofico e religioso ma anche come reagirono  scienziati e filosofi  alla quasi contemporanea Riforma Luterana e alla susseguente Controriforma Cattolica.

 

 Nella schedatura di oltre seicento tra prime e seconde edizioni del De revolutionibus lo storico e astronomo americano si è anche dilungato sugli aspetti fisici ed estrinseci al testo delle varie copie, misure, materiali e tipi di legature, stato della carta, danni subiti, stato dell’uso, segnature, timbri, dichiarazioni di proprietà, in alcuni casi segnala l’intervento di tarli  e parassiti. Ognuna di queste copie è come se avesse la propria carta di identità. Tale lavoro è servito in molti casi per sventare tentativi di vendite di copie rubate e per riportare la copia nelle mani del suo legittimo proprietario.

È servito anche per risalire al nuovo indirizzo della copia scomparsa  dalla Braidense: in questo caso a Gingerich è stato sufficiente prendere nota delle segnature (quella vecchia e quella nuova) dal catalogo manoscritto dei libri antichi e quindi cercare nel suo archivio finchè non ha trovato una copia che riportava, nelle prime pagine, alcune iniziali illeggibili, la data scritta a mano del 12 marzo 1710 e la vecchia segnatura S.15.11. Proprio quella della nostra copia.

Il prezioso libro è ora in possesso della Biblioteca dell’Università di Princeton che risulta averla comperata per 785 dollari nel 1928 da  A. S. W. Rosenbach, che Gingerich apostrofa come “Un personaggio pittoresco ed estremamente dinamico”.

Sono passati veramente tanti anni dal 1928, ma siamo dopotutto nel 2005, l’anno in cui l’Italia ha restituito l’obelisco di Axum. Penso che si possa veramente ben sperare di rivedere a Milano una copia della prima edizione del De revolutionibus di Copernico.

   

 

 

 

 

Immagini.

 

01-02-03-04, Rispettivamente i diagrammi del sistema tolemaico, quello copernicano, quello di Brahe e quello misto. Sono tratti da Bion, L’Usage des Globes, Paris 1710. Come dimostra l’opera di Bion, la conoscenza del cosiddetto sistema misto era diffusa e attribuita a Martianus Capella, ma nel 1710 non  si conosceva il contributo di Wittich.

05, Il volume del catalogo manoscritto del fondo dei libri antichi della Braidense.

06-06b, Catalogo manoscritto, l’indicazione delle segnature della copia scomparsa del De revolutionibus, prima edizione del 1543.  06b è il particolare ingrandito dove si confessa il non ritrovamento.

07 La prima pagina con il titolo del De Revolutionibus, edizione del 1566, copia emendata secondo le indicazioni del monito della Congregazione dell’Indice, pagina a fronte: le segnature.

08-08b, Pagina 7, primo esempio di pagina emendata e pagina integra dalle due diverse copie della seconda edizione in possesso della Braidense

09-10, secondo esempio di pagina emendata e della rispettiva pagina della copia integra

12 La prima pagina di Ad lectorem, l’introduzione di Osiander inserita senza firma all’insaputa di Copernico

13, L’incipit della Narratio di Rheticus, ripubblicata alla fine della seconda edizione del De revolutionibus

14- Diagramma del sistema copernicano come appare nel De revolutionibus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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di  FELICE STOPPA

GENNAIO 2017